HOME PAGE Maratone e altro — 18 luglio 2012

Cecilia Mora, già campionessa del mondo di ultra-trail, fra le sue tante vittorie può annoverare quella sulla montagna èiù mitica che ci sia: il Monte Olimpo, in Grecia: il monte degli Dei!

Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e lei offre alla nostra attenzione questo suo racconto_ buona lettura!

Franco Anichini

Olimpus marathon 2012

di Cecilia Mora

Quando le montagne ti conquistano, ci vuoi tornare…
Sull’Olimpo ci ero già stata lo scorso anno. Non so se più attratta dalla mitologia greca con i suoi Dei o semplicemente dalla voglia di esplorare/scalare nuove vette.
Fatto sta che l’Olimpo mi ha incantata, complice lo scorso anno di una giornata più che splendida, un cielo di un azzurro così intenso da sembrare pitturato, l’aria frizzante, in quota le temperature sotto lo zero.
Mi sono goduta ogni momento della corsa, gustata ogni sentiero.
Prima le salite circondate da arbusti della tipica flora mediterranea, dove gli odori del ginepro, del timo, dei mirti, dei pini si mischiavano tra loro, poi su i ripidi prati erbosi, fino ai tratti rocciosi.
Ecco che il percorso spiana e mi trovo in prossimità del rifugio, e davanti a me appare maestoso, il trono di Zeus, ne sono quasi abbagliata, sarà per via del sole, di quella luce accecante e allora quasi mi prostro davanti a lui… sarà per la stanchezza, o per onorare quel luogo?
Vorrei fermarmi godere di quello spettacolo, ma sono in gara e allora vado  avanti e il mio percorrere non è mai noioso, ora il percorso si fa più impegnativo prima  con i traversi su roccia e poi con il tratto di discesa ripida dove si mettono a dura prova polpacci, caviglie  e l’agilità degli atleti.
Di nuovo cambia il percorso riappare la vegetazione che man mano che si scende si fa più fitta e il sentiero sterrato sempre più pulito e scorrevole.
Pini, faggi e altre piante che non riconosco mi accompagnano nella mia corsa, rinfrescano il mio sudare, il terreno è morbido ora c’è solo da lasciar andare le gambe e godersi i profumi, lo scorrere del ruscello, il canto degli uccelli, mi sembra di essere in un giardino, di essere nel giardino degli dei.
Ma gli  Dei ti danno ma poi ti chiedono e ti impongono un’ultima prova, allora non è un giungere alla tua meta, dopo la già lunga e faticosa salita, praticamente dal livello del mare a 2700 metri di quota, tutto in discesa e scioltezza, ma è un continuo su e giù.
Tanto è spettacolare il percorso , con i suoi bei sentieri, attraversamenti del torrente dalle acque limpide, su ponticelli e gradinate di legno, tanto  richiede tutte le mie energie.
Le gambe mi mordono, il fiato si fa più affannoso e quei brevi tratti di salita sembrano eterni.
Ma anche quando la fatica si fa sentire e quasi si  sono consumate tutte le energie ecco che allora trovo quella riserva che mi  permettere di giungere al traguardo, di sorridere chi mi  applaude, di guardare su verso quelle vette, verso quel trono cui  solo poche  ore prima ci sono passata accanto… e la fatica scompare e mi rimane addosso l’entusiasmo di una gara “divina”.
E questo entusiasmo ho voglia di  trasmetterlo a tutti e già mi programmo di tornarci sull’Olimpo e di portarci  i miei amici.
Un anno passa in fretta ed eccomi di nuovo  a Dion, nel giardino archeologico,  intenta nelle fasi di riscaldamento. Puntuali alle 6,5 l’ora del sorgere del sole viene dato il via. La giornata è limpida ma le temperature  sono alte e alla fine incideranno sul rendimento di tutti gli atleti dal primo all’ultimo.
Ricordo i sentieri, gli odori, i tratti rocciosi, le salite ripide e le discese scoscese.
Non mi distraggo a guardare il panorama, il mio correre è più gara, più competizione, c’è voglia di riscatto, di provare a salire sul gradino più alto del podio.
La mia stagione di corse di quest’anno nonostante i risultati raggiunti, è stata faticosa, con continui piccoli fastidi sempre in agguato, che non mi hanno impedito di gareggiare, di allenarmi, ma il mio correre non è stato sciolto, piacevole ed ad ogni gara ero alla ricerca di sensazioni positive.

In questa calda giornata, mentre mi accingo a intraprendere la mia scalata verso l’Olimpo le mie gambe hanno voglia di spingere. Mi piacciono le salite e quando sto bene riesco con il mio piccolo passo, a dettare ritmo e a far rendere la mia scalata.
Ecco davanti a me la mia avversaria, la vincitrice della scorsa edizione, la giovane atleta russa Zhanna, mi accorgo che mi avvicino sempre più, so che devo prenderla e staccarla ora che ci aspetta ancora un lungo tratto di salita impegnativa.
Mi carico, la mia testa comanda e le  mie gambe spingono, sorpasso e via è il momento di prendere il distacco.
Ricordo i vari  passaggi, il rifugio, il traverso che mi porta ai piedi del trono, la discesa impegnativa su pietraia…
Ma ancora mi attende il tratto finale con i continui su e giù, le gradinate “ammazza gambe”.
Il caldo darà il suo contributo e la stanchezza arriverà con tutta la sua prepotenza a rendermi le gambe di piombo a rendere eterno quel tratto di gara di cui non riuscirò più a goderne la bellezza.
Ma come sempre poi c’è quella riserva da cui attingo le ultime forze che mi  faranno  giungere nella bella Litohoro dove c’è il traguardo, con il sorriso sul volto e questa volta anche con il sorriso della vittoria

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Peluso

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