Cronaca — 26 aprile 2011

All’ inizio della stagione agonistica tutti si pongono degli obiettivi da raggiungere, in genere migliorare il proprio personale di una gara corsa l’anno prima oppure in una determinata distanza. Il mio obiettivo (lo stesso da molti anni) è poter essere presente e terminare le maratone di Padova, Sommacampagna e Reggio Emilia.


Non sempre la partecipazione a queste maratone è stata agevole. Per esempio ricordo che nel 2005 ho partecipato alla maratona di Padova arrivando direttamente dal pranzo di nozze di mia figlia Sara, che si era sposata il pomeriggio del sabato precedente la gara.


La maratona di Padova ha rappresentato anche per il ‘Super Marathon’ la vetrina ideale per ‘farsi pubblicità‘. Questo per due validi motivi: il tempo concesso per portare a termine la gara, ottimo per chi il cronometro non lo usa, e soprattutto il pubblico che si incontra ai bordi del percorso, pubblico non solo numeroso, ma caloroso, che non lesina incitamenti a nessuno.


Viste le premesse, ho fatto in modo che la maratona che si è disputata domenica 17 aprile fosse la mia 550a maratona (chiesto ed ottenuto dall’organizzazione il pettorale 550, dico questo per dimostrare che anche le grandi maratone possono con piccoli gesti accontentare alcune manie di un ‘signor nessuno’).


Anche il ‘Club supermarathon’ ha voluto a suo modo festeggiare la maratona di Padova abbinando ad essa la ricorrenza del 150° anniversario dell’unità d’Italia.


Grande (e gratuito) lavoro di Alfio che ha predisposto magliette con un enorme simbolo del Club, con ben visibile il tricolore.


Prima della partenza Alfio, validamente coadiuvato da Gianfranco, presidente di ‘peso’, ha coordinato la distribuzione delle magliette e la coreografia per la partenza, dopo le innumerevoli foto di rito, in gruppo.


La maratona quest’anno, presentava un nuovo tracciato di gara, tutto in provincia di Padova.


Non mi soffermo nel descrivere l’organizzazione: partenza, ristori, arrivo. Tutto come gli altri anni: personale gentile ed efficiente, pubblico numeroso che, come sempre, non faceva mancare a nessuno un incitamento o una battuta, insomma avete capito: tutto perfetto.


Vorrei solo sottolineare che su tutto il percorso erano presenti centinaia di tricolori, esposti nelle più svariate modalità: intere vie addobbate, sporgenti dai balconi e dalle finestre delle case oppure semplicemente bandierine sventolate con gioia da bambini.


La ‘coreografia’ di Alfio prevedeva l’arrivo in Prato della Valle di due folti gruppi di SM: uno con un tempo ‘intorno alle 4/4,30 ore’ mentre l’altro avrebbe chiuso, come sempre, la maratona di Padova, non impedendo in ogni caso a nessuno di correre secondo i propri ritmi.


Partenza in gruppo, bel colpo d’occhio, circa 50 atleti con magliette bianche su cui spicca un bel tricolore e con in mano un ramo d’ulivo benedetto ornato da un bel nastrino tricolore (domenica era la domenica delle palme), ulivo che sarà consegnato al pubblico presente.


Dopo aver percorso circa 30 chilometri sul nuovo tracciato il precorso riprendeva la ‘vecchia via’ verso Padova. Fino ad allora il ‘gruppo delle 4/4,30 ore’ viaggiava abbastanza ravvicinato. L’andatura mantenuta faceva prevedere che si sarebbe rispettata la tabella di marcia imposta. Viste le condizioni generali, e la posizione (circa a metà strada tra i pace maker delle 4 ore e quelli delle 4,15) decido di terminare la maratona con il tempo di 4h 9′ 10′ (4 ore e 550 secondi, questo lo avete certamente capito!). Per fare questo decido di aumentare l’andatura per poter essere al traguardo in tempo utile, diciamo un minuto o due prime del tempo previsto per tagliare il traguardo allo scadere esatto.


Detto fatto, aumento l’andatura, ma una voce alle mie spalle, dopo aver dato consigli per la sera mi ricorda continuamente: ‘Fausto, tutti assieme sul traguardo, mi raccomando!’.


Beh, forse a ragione. Penso a tutto il lavoro fatto da Alfio e Gianfranco.


Ok, tutti assieme sul traguardo!


Al ristoro del 35° chilometro siamo raggiunti dai pace-maker delle 4.15. Gruppo non molto numeroso, ma di buona volontà, grazie agli ‘uomini palloncino’ che fanno di tutto per tenere unito il gruppo. In modo particolare uno di questi fa la spola tra la testa del gruppo ed un’atleta (credo si chiamasse Laura) alla sua prima maratona. Le offre consigli, acqua, la incita a non mollare, il traguardo è vicino… (beh mancano ancora 6/7 chilometri).


Questo, secondo me, dovrebbe essere il ruolo del pace-maker: motivare gli atleti.


Vedo che Laura sta facendo molta difficoltà a seguire il passo. Le consiglio di rallentare di poco, ma di rallentare; nel frattempo comunico al ‘pace di buona volontà‘ che la seguirò fino all’arrivo.


In questo frangente in miei amici mi superano. Non c’è problema… tanto arriveremo tutti assieme. I chilometri passano, la neo-maratoneta sembra più rilassata, i palloncini a poche decine di metri più avanti sono un buon punto di riferimento.


Ecco la salita del sovrappasso della ferrovia, salita che nelle ultime edizioni ho sempre camminato, ora non posso… rallentiamo, ma manteniamo il passo di corsa. Al culmine della salita si affianca a Laura il marito. Ci affiancherà fino all’arrivo, continuando ad incitarla.


Eccoci in Prato della Valle: spettacolare arrivo per una maratona; Laura taglia il traguardo felice per la sua prima terminata.


Io passo il traguardo … solo, gli altri erano già arrivati!


Potrà sembrare strano, ma mentre riavvolgo la bandiera tricolore con la quale ho tagliato il traguardo, il solo pensiero che passa per la mia mente è rivolto ad una bara con tricolore, quella di Vittorio… ed al suo motto ‘Restiamo umani’.




 

Autore: Fausto Dellapiana

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