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Si parla spesso di “limite” come di un qualcosa di trascendente, posto in un interspazio di difficile accesso all’uomo, eppure il “limite”è un concetto così umano che quasi mi spaventa questo suo volerlo trasformare in un qualcosa di ultraterreno.
Personalmente quando penso al “mio limite”, mi immagino come un’autostrada, alla cui fine, c’è una specie di striscia bianca oltre la quale si estende uno spazio sconosciuto fatto di una superficie diversa dall’asfalto.
Ecco, questo spazio che si estende oltre il conosciuto, rappresenta per molti l’oggetto da superare, non il territorio da scoprire.
Si sentono spesso in giro frasi del tipo: “i limiti vanno superati”, “supera il tuo limite”, “nulla è impossibile”, c’è addirittura chi se le fa stampare sulle proprie canotte da gara, eppure sento che c’è qualcosa che non torna.
Perchè, secondo molti, il limite deve essere superato?
Ma sopratutto che significa superare il proprio limite?
Io credo che nessuno di noi possa effettivamente superare i limiti della materia visibile e trasformarsi in un qualcosa d’altro che trascenda l’umano!
Per quanto la mia affermazione precedente porti con sè un che di assurdo, nasconde però una profonda verità.
Io non posso diventare qualcosa che non posso essere, altrimenti la mia natura di essere umano unico nella sua singolarità, verrebbe di colpo snaturata.
Più che superare il “limite”, parlerei di conoscerlo.
Se so fin dove mi posso spingere, quali sono le mie caratteristiche, quale è il massimo che posso dare, io mi sto conoscendo, il che significa che mi può andare bene o male ciò che apprendo su di me ma di certo non mi sto disumanizzando.
Se io invece voglio superare ciò che sono, voglio diventare ciò che non posso assolutamente essere perchè non è nelle mie competenze, non solo sto facendo un cattivo esame di realtà ma mi sto anche condannando ad un’eterna insoddisfazione, perchè in questo caso il superare il mio limite mi porta a fissarne un altro un pò più in là rispetto al confine precedente e, prima o poi, anche questa nuova barriera andrà a stuzzicare inevitabilmente la mia curiosità di andare oltre.
Questo non significa che dobbiamo fermarci, arrestare le nostre curiosità e non trovare stimoli per migliorare, significa invece che dobbiamo imparare a conoscerci e non infarcirci di slogan giusto perchè vanno di moda o sono di effetto.
Lo slogan, come tutto ciò che si dice, va capito, compreso e metabolizzato ed il significato appreso diventa un elemento soggettivo che orienta il nostro modo di pensare.
Ciò comporterà che il termine “limite”, avrà un significato diverso a seconda della persona che ci ragiona su.
La cosa che può diventare perniciosa per un atleta in particolare, è il dover per forza superare la propria barriera per approdare nel mondo dell’ignoto, dove l’ignoto sta a rappresentare la prestazione che ancora non si è stati capaci di fare o di ripeterne una decisamente al di sopra dei propri standard.
Perchè è pericoloso?
Perchè nel momento in cui io sposto il margine che mi rappresenta, un pò più oltre, sto sfidando leggi e territori che non conosco a fronte di una consapevolezza e conoscenza di me stesso che invece so padroneggiare e che mi può portare a risultati ben più consistenti.
Una sana accettazione di ciò che si è, porta sempre la persona a vivere con serenità qualunque evento: dall’infortunio, al saluto definitivo alla propria carriera agonistica.
Ricercare sempre il limite per superarlo, porterà inevitabilmente l’essere umano a soffrire all’infinito, perchè una volta raggiunto il massimo che si può dare, ad attenderti c’è solo l’insoddisfazione per non poter andare oltre.
Quindi più che parlare di “limite” io preferirei parlare di limiti intermedi che permettono alla persona di conoscersi sempre più e sempre meglio….. il “limite” come concetto astratto che va superato a prescindere da ciò che si è, lasciamolo agli angeli!
Dott.ssa Consuelo Viviana Ferragina
Psicologa-psicoterapeuta e
psicologa dello sport
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