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Sembra sempre tutto normale e naturale quando la mattina suona la sveglia,ci si alza dal letto e presi dalla fretta si calzano le scarpe e subito via a correre, può capitare però che questa routine venga bruscamente interrotta dalla fascite plantare che una notevole percentuale di podisti ha purtroppo sperimentato almeno una volta nella sua carriera di corsa.
I piedi durante la corsa subiscono innumerevoli traumi che vanno dal salire e scendere marciapiedi,affrontare strade non sempre con suolo regolare,salite,discese e quant’ altro, tutti questi fattori insieme ad alterazioni delle catene cinetiche muscolari producono nel tempo un’infiammazione a livello del legamento arcuato posto tra il calcagno e la base delle dita.
Il dolore della fascite in genere si manifesta la mattina al risveglio con difficoltà a flettere dorsalmente il piede e un forte dolore nella zona postero mediale del calcagno. Questo dolore può arrivare fino a causare una forte zoppia che in genere dopo 5 o 10 minuti si riduce permettendo all’atleta di poter camminare quasi bene. Per quanto riguarda la corsa il meccanismo è più o meno simile,tranne nelle fasi acute in cui il dolore è talmente forte da causare anche lo stop obbligatorio dopo pochi minuti dall’inizio della seduta di allenamento.
Il decorso della fascite plantare è piuttosto lungo e può durare anche diversi mesi se si sceglie di effetturae un riposo attivo o semplicemente trascurare il problema.
Come si può curare?
La prima cosa da fare per un atleta con questa problematica è fermarsi o ridurre i km di allenamento almeno nella fase acuta. La ripresa degli allenamenti deve essere progressiva iniziando dal correre pochi km a ritmo tranquillo per ridurre gli impatti il più possibile e alternare cammino a corsa per pochi minuti e preferibilmente su percorso erboso oppure su percorso con asfalto regolare.
Negli atleti che ho potuto seguire con questo problema, ho trovato utile far un’indagine oltre che sul dolore, a 360 gradi e cioè valutare tutte le componenti posturali e strutturali che potrebbero aver portato a tale infortunio. Spesso ho riscontrato una grande rigidità a livello della muscolatura posteriore degli arti inferiori quindi di ischio crurali e tricipiti surali.
Quindi il primo lavoro è stato allungare questi gruppi muscolari ripristinando le caratteristiche elastiche e funzionali per poi lavorare con massaggio trasverso direttamente sul problema.
All’atleta ho chiesto di fare più stretching aggiungendo esercizi di allungamento aiutandosi anche con un elastico inserendo almeno una volta a settimana una seduta di stretching propriocettivo per i piedi.
Le linee guida in ambito riabilitativo indicano riposo ghiaccio e terapia strumentale e in alcuni casi bendaggio funzionale ma noi sappiamo bene cosa significhi per un podista dirgli di stare fermo per un tempo indeterminato che va dal mese a circa sei mesi.
Altro accorgimento importante per il podista è controllare spesso l’usura delle scarpe che negli ultimi anni sembrano finire la loro efficienza a circa 700-800 km. Un’ usura eccessiva della scarpa porta ad esaurire la struttura ammortizzante che limita gli effetti dell’urto del piede al suolo in fase di appoggio.
Quest’ ultimo insieme ad una corretta ripartizione dei carichi di allenamento sono solo alcuni dei tanti accorgimenti che il podista può avere per cercare di mantenere una corsa sempre efficiente col minor danno fisico possibile. Come dicevo all’inizio la sensazione di dolore che inizia dalle prime ore del mattino per protarsi tutto il giorno, corsa compreso,non fa piacere a nessuno.
Buona corsa a tutti
Massofisioterapista e preparatore atletico
per contatti cell. 3924039930
e-mail gianpiermat@libero.it
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