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A poche ore dalla conclusione, è tempo di una prima analisi sui risultati della squadra azzurra agli Europei di Zurigo. Nell’aria c’è ancora l’euforia per la vittoria di Daniele Meucci in maratona, terza medaglia per l’Italia dopo l’oro di Libania Grenot (400m) e l’argento di Valeria Straneo (maratona). “C’è ancora tanta strada da fare – le parole del presidente FIDAL Alfio Giomi –. Sappiamo bene di non essere la Francia, ma vorremo provare a divetantarlo nel giro di qualche anno. La maratona di oggi è un po’ la sintesi del quadro che abbiamo di fronte. C’è un atleta come Meucci che aveva finalizzato accuratamente questo appuntamento e che da qui a Rio 2016 ha già un programma ben preciso. Con lui Ruggero Pertile, rappresentante della vecchia guardia che tanto ha dato al nostro sport e che merita rispetto e lo spazio di esprimersi come Donato e Vizzoni. E poi c’è Palamini, un giovane quasi sconosciuto con voglia di fare e al quale era giusto dare un’opportunità di crescita in un contesto internazionale”.
Tanti sono i giovani che hanno vestito l’azzurro in questa rassegna: “La partecipazione non ha concesso tregua, eravamo presenti in quasi tutte le gare, anche in quelle dove sapevamo di non avere grandi chances. I ragazzi sui quali investire ci sono, serve solo un’adeguata programmazione per farli crescere. Possiamo contare sul valore aggiunto del rapporto diretto del Direttore Tecnico con i tecnici personali degli atleti, senza intermediari”. Al riguardo, la parola passa proprio al DTO Massimo Magnani: “Il vero bilancio lo faremo stasera alla fine dell’ultima gara. Il punto chiave è riuscire a fare in modo che la capacità prestativa dei nostri atleti si trasformi anche in capacità competitiva a livello internazionale nel momento che conta. Ci sono individualità che qui hanno già dimostrato di avere le qualità giuste come Federica Del Buono, Diego Marani ed Eseosa Desalu. Senza dimenticare Alessia Trost, Hassane Fofana, Giulia Viola, Delmas Obou e un atleta in recupero da un infortunio come Josè Bencosme”. Inevitabile una riflessione sull’infortunio del triplista Daniele Greco: “Personalmente ero dell’idea che Greco non dovesse venire a Zurigo – le parole del presidente Giomi – ma ero stato rassicurato dai riscontri degli esami medici che avesse la stessa possibilità di infortunarsi di tutti gli altri atleti in squadra. Farlo gareggiare è stata poi una scelta presa in accordo tra tecnici e consulenti medici”.
L’Italia dell’atletica, con gli Europei ormai quasi in archivio, guarda già avanti. “Qui abbiamo visto anche un’Italia che fa sognare che è quella della Grenot, della Straneo e di Meucci – prosegue il presidente FIDAL -. Risultati che insieme ad altri fanno rivedere la luce e l’inizio di una strada lunga da percorrere. In questo percorso si sta costituendo l’ossatura della squadra che nel 2016 affronterà l’Olimpiade di Rio, mentre gli allievi che stanno per debuttare ai Giochi Olimpici giovanili di Nanjing possono diventare il telaio del team per Tokyo 2020. Per raggiungere certi obiettivi servono grandi tecnici. Ne abbiamo già individuati due che diventaranno degli “advisor”, veri e propri “maestri di coaching”. Ad altri atleti potranno essere proposti soluzioni di allenamento all’estero. Resta il fatto che per investire, sono necessarie anche risorse economiche diverse. Questo è un concetto su cui abbiamo riscontrato la sensibilità e l’attenzione anche del CONI. Non è pensabile continuare a vivere della passione dei nostri tecnici sul territorio. Ad esempio, il Direttore Tecnico della Federazione Italiana di atletica leggera percepisce un compenso non paragonabile a quello di figure omologhe di altre discipline. Non c’è parametro che possa rendere giustizia ad uno sport come il nostro”.
ufficio stampa fidal
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