Maratone e altro — 19 marzo 2010

Daniela Gilardi, brianzola, classe 1966, 46 chili, impiegata, PB in maratona: 2:48 nel 1995: questa è la donna che la settimana scorsa ha affrontato il deserto del Sahara, in territorio Tunisino, 400km a sud di Tozeur.
La gara era la “100km del Sahara a Tappe”: quattro appuntamenti di lunghezza crescente fino ad una maratona vera e propria il terzo giorno, seguita però da una 28km il giorno successivo.
Le avversarie erano di rango: la spagnola Monica Aguilera y Villadomiu ha corso addirittura al giro del Monte Bianco (un secondo ed un terzo posto) ed ha vinto una Transgrancanaria, mentre Luisa Zecchino è nazionale della 100km e due volte vincitrice di questa gara.
Daniela Gilardi ha vinto, prima in tutte le tappe, compresa quella, temutissima, di maratona.
La sentiamo al telefono, per conoscere meglio un personaggio che da anni frequenta le corse, specie nella sua Lombardia, ma che il carattere schivo non ha mai messo più di tanto all’onore delle cronache.


Ciao Daniela, raccontaci, come ti è venuta l’idea di andare a correre nel Sahara? Sai, non lo fanno mica in tanti!


Sono sempre stata affascinata dal deserto, fin da bambina. E’ l’unico luogo dove puoi incontrare il silenzio vero, quello che ti permette d’incontrare te stessa, faccia a faccia.
Così, quest’anno mi sono decisa, prima che l’avanzare degli anni…


E lo hai incontrato, il silenzio?


Per la verità la gara era molto bene organizzata, ma questo comportava un andirivieni perfino eccessivo di mezzi motorizzati, che un poco mi disturbavano. Ma durante la tappa di maratona, c’è stato un momento, verso la fine, che eravamo molto distanziati: davanti, nessuno! dietro, nessuno! Intorno le rocce, la pista appena battuta, le lingue di sabbia, le dune all’orizzonte. Il deserto affascina perchè è pulito (Lawrence d’Arabia), come deve essere una persona che cerca la sua anima.


Mette i brividi! Come ti sei preparata?


Ho fatto tre mesi d’allenamento specifico, correndo molto in montagna e comunque su terreni difficili, sempre indossando tutto quello che serviva nel deserto, compreso lo zaino. Mi è stato molto utile, e devo dire di non aver mai trovato difficioltà insormontabili, neppure nelle ultime tappe, che temevo.


Ti aspettavi questo successo?


Beh, sapevo che le avversarie erano forti: la spagnola è conosciuta anche in campo internazionale e Luisa è un’azzurra, quindi sapevo di dover soffrire. Per la verità il pensiero della vittoria non era quello principale, ma quando mi sono trovata in testa, mi ha dato una gran gioia.


Raccontaci il tuo primo impatto, anche dal punto di vista atletico.


Non avevo mai provato a correre sulle dune, ma ho imparato presto. All’inizio pensavo che essendo salita fosse necessario spingere al massimo, ma poi mi sono accorta che era un errore, perchè la sabbia cede sotto i piedi e la fatica diventa enorme. Bisogna, invece, salire in agilità, rimanendo il meno possibile su ogni appoggio. Un’altro accorgimento è di non mettere mai il piede sull’impronta di un altro, perchè in quel punto la sabbia è già smossa e si affonda di più. Bisogna ogni volta cercarsi un tracciato nuovo. Agilità ed occhi aperti, anche in discesa, dove sono ancora più importanti. Comunque il fondo è molto vario, perchè si passa da un fondo battuto, a qualche roccia, alle strisciate di dune. Anche queste non sono tutte uguali: a volta si trova una serie di moltissime piccole dune, alte magari solo due metri, ma in rapida successione una dopo l’altra… spezzano le gambe! Altre volte si trovano dune più alte, ma compatte, altre ancora sono dune bianche, di sabbia finissima che entra dappertutto. Sono le peggiori, ma per fortuna non ce n’erano moltissime.


Insomma, ti sei trovata bene.


Non mi lamento. Ho corso sempre in buone condizioni, non ho mai sofferto delle temutissime vesciche, forse anche perchè avevo curato la mia ttrezzatura con la massima attenzione già fin dagli allenamenti in Italia. Il percorso, poi, era segnato bene, e non abbiamo mai rischiato di sbagliare strada. Gli unici momenti difficili erano al mattino, prima della partenza, perchè bisognava consegnare le borse molto presto, e poi si restava al freddo anche per più di un’ora prima di poter partire.


Quale è stato il tuo momento più difficile?


Mah, sai, in una corsa del genere i problemi sono sempre dietro l’angolo! Direi a cinque chilometri dalla fine della tappa di maratona, quando hanno cominciato a farmi male le caviglie e poi si doveva correre sulla sabbia fine, che è davvero un terreno tremendo.


Ed il momento più bello?


Inutile dirlo: l’arrivo! Ma ancora di più, e ti prego di credermi, è stata la sensazione di solitudine e di raccoglimento che solo il deserto può regalare.


Toglici un’ultima curiosità: dopo questa esperienza, non c’è per caso l’intenzione di provare una 100km tutta d’un fiato?


Ti assicuro di no, neppure a livello di tentazione. Conosco i miei limiti, e ti giuro che già finire una maratona è qualcosa di molto vicino a questi limiti!
Salutiamo così Daniela Gilardi, la nuova Regina del Deserto. 


 

Autore: Franco Anichini

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