Cronaca — 10 gennaio 2011

FONDO (VAL DI NON – TRENTINO), 6 GENNAIO 2011 – Vincono il neozelandese Jonathan Wyatt (secondo successo) e la forestale bresciana Maria Grazia Roberti (quattro successi), ma la Ciaspolada celebra soprattutto i 100 anni della maglia azzurra con un serpentone di 6000 berretti color “Blu Savoia”, quelli vestiti dai concorrenti della regina delle manifestazioni popolari sulla neve, che oggi ha chiamato a raccolta in val di Non (in Trentino) anche tanti campioni ed ex nazionali per festeggiare il secolo di vita del simbolo riconosciuto dello sport italiano. Con i semplici appassionati delle Ciaspole alla partenza c’erano così il campione olimpico della 20 chilometri di marcia di Atene 2004 Ivano Brugnetti, seguito a ruota dal vincitore di due edizioni del Giro d’Italia Gilberto Simoni, dal corridore della Lampre Leonardo Bertagnolli, nonché dalla tuffatrice vice campione del mondo e campione d’Europa Francesca Dallapè, dalla ex maratoneta Laura Fogli e ancora dall’argento paraolimpico dello sci alpino Melania Corradini e molti altri.


Presenze significative al pari dei sedici alpini guidati dal comandante del reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata Tridentina Massimo Carlino, che hanno sfilato in divisa tattica lungo gli 8 chilometri del percorso della Ciaspolada in ricordo del maggiore Matteo Miotto, il militare del Settimo Reggimento alpini di Belluno ucciso in Afghanistan da un cecchino.


All’arrivo, un commosso applauso del numeroso pubblico presente, seguito da un minuto di silenzio tributato al compianto Miotto.


Poi spazio alle emozioni azzurre, tra successi  e delusioni, raccontante dalla viva voce dei tanti nazionali ed ex nazionali al via.



Ivano Brugnetti (campione olimpico della 20 km di marcia di Atene 2004 e 35 volte in maglia azzurra)


“La maglia azzurra è un simbolo, un sogno che si avvera, nonché un passo importante per un atleta. Per me, con la vittoria olimpica di Atene, il sogno si è avverato doppiamente. Delusioni? La maglia azzurra non può essere e non sarà mai una delusione. Quando si veste la maglia azzurra si fa un giuramento e già vestirla è un successo. Pertanto, anche in caso di ritiro, non si può mai parlare di sconfitta: di onore, gioia, emozione, piuttosto.


Vedere 6000 persone e 6000 sorrisi al freddo è stato uno spettacolo entusiasmante e prometto che l’anno prossimo tornerò in val di Non per correre la Ciaspolada. Anzi, spero davvero che la corsa con le ciaspole possa diventare sport olimpico già ai Giochi di Sochi 2014: penso che, dopo quanto ho visto oggi, sarebbe un grande evento. Una maratona sulla neve che permetterebbe di vedere in gara anche gli atleti di colore, altrimenti esclusi dalle Olimpiadi invernali”.


Gilberto Simoni (vincitore di due edizioni del Giro d’Italia)


“Il mio ricordo in azzurro non è certo dei migliori, preferirei rimuoverlo. Avevo un Mondiale in tasca (a Lisbona 2011) e poi… andò come andò. La maglia azzurra, comunque, ha un grande valore, un motivo che spinge un atleta a fare sport e a fare fatica. Ho comunque un bel ricordo dell’azzurro, perché la mia prima convocazione in nazionale (ai Mondiali di Plouay) arrivò da quello che reputo  un grande tecnico, il più grande di sempre, Alfredo Martini. Un tecnico che ha fatto quello che ha fatto per passione, valore che mi piacerebbe rivedere nel ciclismo di oggi. Il Mondiale sfumato a Lisbona mi ha lasciato tanta amarezza, quella sì. La maglia iridata sarebbe stata tanto per me, avrebbe raddoppiato tutto quello che ho fatto in carriera, che già non è poco. Lo sport, comunque, mi ha dato tanto. E mi ha dato tanto anche oggi alla Ciaspolada: vedere 6000 persone in festa è stato fantastico: il vero spirito dello sport è questo. E non serve essere campioni per provare questa emozione”.


Francesca Dallapè (vice campionessa del mondo e campionessa europea di tuffi sincronizzati)


“Le prime gare in azzurro per me sono arrivate ancora da giovane, a 14-15 anni, ma è indubbio che le emozioni più grandi le ho vissute e provate in questi ultimi anni. L’argento ai Mondiali di Roma del 2009 ha rappresentato il “clou”: rappresentare l’Italia ad un campionato del mondo e salire sul podio in Italia è il massimo per un atleta. Il momento più triste in azzurro? Penso nessuno. Tanti dispiaceri, quelli sì, ma la carriera di un atleta è fatta per la maggior parte di sconfitte: sembrerà assurdo, ma sono quelle che ti fanno andare avanti. I successi sono belli anche e soprattutto per quello”.


Leonardo Bertagnolli (Ciclista della Lampre, azzurro ai Mondiali di ciclismo di Verona e Varese)


“Il Mondiale di Verona, seppur non felice per l’Italia, ha segnato la mia carriera. Una  maglia azzurra che arrivò dopo una fantastica stagione, con tre vittorie. Vestirla è sempre un’emozione, bene o male che vada la corsa. Senti la pressione, la responsabilità, ma anche la gioia e l’emozione di rappresentare la tua nazione”


Giorgio Torgler (ex azzurro del pattinaggio)


“Fui privato della gioia di vestire l’azzurro alle Olimpiadi di Sapporo 1972 quando stavo ormai per salire sull’aereo, dopo che mi erano state consegnate borsa e tuta. Una maglia che mi ero conquistato coi risultati. Ma al di là dell’amarezza per la mancata partecipazione alle Olimpiadi, ho un bellissimo ricordo della maglia azzurra: il più bel ricordo è quello dei compagni, atleti ed amici conosciuti 50 anni fa e con i quali mi trovo ancora. Penso che questo sia il vero valore dell’azzurro, che lascia il segno”.

Autore: Cs

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