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Si è disputato domenica il Campionato Mondiale di ultra-trail, sulla distanza di circa 68km con 3500 metri di dislivello positivo. La gara si è svolta sulle Alpi francesi, a Serre Chevalier, in prossimità del confine italiano, su di un percorso che prevedeva la scalata del Mont Galibier.
Si è trattato del secondo lodevole tentativo della IAU di marcare una presenza anche in questo settore, troppo abbandonato a sé stesso, dopo un primo assaggio americano che è stato un mezzo fallimento. Certo che il problema di trovare la modalità organizzativa che consenta di riunificare il grande movimento trail americano con quello europeo (specie francese) non è stato ancora risolto, e questo rappresenta il difficile lavoro ancora da compiere per i dirigenti Iau. Prova ne sia che la partecipazione Usa è stata striminzita e limitata ad un paio di volenterosi atleti di fascia media. Ma, tutto sommato, possiamo assegnare a questa gara una ampia sufficienza anche sul piano della partecipazione, sia pure affidata soprattutto agli europei.
Altro grosso problema è costituito dal rapporto fra la IAU e la International Skyrunning Federation (ISF) che al momento appare nettamente in vantaggio. Per anni la IAU ha dormito, e lo spazio lasciato vuoto è stato occupato con molta passione e competenza da questa altra associazione, che organizza le gare più famose e partecipate, specie sull’arco alpino. Il 19 luglio la ISF celebrerà i Campionati Europei, abbinati quest’anno alla Sky Race di Canazei, che conta già oltre 500 iscritti.
L’esito della competizione IAU consegna alla nostra ammirazione un personaggio straodinario, fino ad oggi poco conosciuta fuori dal ristretto giro degli appassionati: Cecilia Mora.
Le succinte informazioni distribuite col contagocce dalla IAU consentono di ricostruire una gara magistrale, conclusa nel migliore dei modi. Le raccontiamo per quanto possibile.
Alla partenza due nomi spiccavano su tutte: l’inglese Liz Hawker e la giapponese Norimi Sakurai. Si tratta nientemeno che di due compionesse del mondo dei 100km. Qualche dubbio sulla tenuta in montagna era lecito per la giapponese, che non si era mai provata in questo tipo di competizioni fuori dal suo Paese, mentre la britannica vanta una carriera prestigiosa proprio nelle corse sulle Alpi, fra cui una splendida vittoria in una epica edizione della K78 di Davos, tormentata dal freddo, che fece molte vittime fra cui la nostra Carlin, che dall’inglese fu sconfitta anche nel mondiale coreano dei 100km.
Ma le corse ultra fanno sempre storia a sè, specie se si tratta di corse nel difficile ambiente alpino. Ed infatti nelle pietraie di Serre Chevalier le cose sono andate in maniera molto diversa. La favorita inglese è partita in testa, seguita dalla giapponese e dalla connazionale Mudge, mentre Cecilia si mantenva a portata di mano. Poi Norimi ha cominciato a sentire la salita ed ha dovuto cedere la posizione alla nostra, mentre in testa la supremazia di Liz veniva messa in dubbio da Angela Mudge, che non perdeva ma anzi le si avvicinava. Dopo metà gara la Mudge ha prima avvicinato molto e poi superato la favorita, portandosi al comando, mentre Cecilia consolidava il terzo posto.
Liz Hawker è entrata in crisi, ed ha perso anche il secondo posto a favore dell’azzurra. Mentre ci si preparava a celebrare la grande medaglia d’argento della piemontese, questa ha sfoderato un finale superiore ad ogni aspettativa ed è andata a cogliere la vittoria piena, tanto più bella quanto inattesa. Oro, dunque, ed Inno di Mameli!
Chi è Cecilia Mora?
Cecilia è nata il 22 novembre 1966 (Santa Cecilia!), è alta 1.55 per 45kg e svolge il lavoro di educatrice per l’infanzia a Borgomanero, in provincia di Novara. Ha iniziato a correre dopo aver regalato alla sua famiglia il quarto figlio… cinque uomini in casa non sono un impegno da poco! La sua prima gara è stata nel 2004 ad Alagna (una sky race), dove ha anche conosciuto e fatto amicizia con un’altra grande italiana della corsa in montagna: Manuela Brizio.
Si allena quando può, quattro-cinque volte alla settimana, di preferenza la mattina presto o la sera dopo il lavoro, con carichi leggeri (circa un’ora di corsa) andando a cercarsi quel pò di ambiente semi-montano che le sue zone possono offrire. Poi c’è la gara della domenica, dove coinvolge figli e marito, pazientemente rassegnato ad assecondare la travolgente passione della moglie per la corsa.
Nelle corse tradizionali non si cimenta spesso, ma è arrivata comunque ad un dignitosissimo personale di 3:00.17 in maratona, mentre i suoi successi sono in montagna. Ricordiamo il trail del Monte Casto, quello del Bangher fino alla Chamberton Marathon.
Rendiamo onore dunque a questa straordinaria persona e gioiamo per la sua vittoria.
Viva le mamme che corrono!
Il titolo maschile è andato al francese Thomas Lorblanchet, davanti al mitico nepalese Daichhiri Sherpa e al tedesco Dippacher. Sesto il nostro Franco Zanotti, mentre il grande Marco Olmo ha realizzato un 14° posto che non aggiunge nulla alla sua straordinaria carriera, ma che è stato occasione per consegnargli una sacrosanta maglia azzurra, che definire strameritata è perfino riduttivo. Dignitoso, infine, il nono posto di Virginia Oliveri nella gara femminile.
Autore: Franco Anichini
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