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Che week end, amici, alla fine si è rivelato paurosamente divertente per noi, partiti alla volta di un campionato campestre rivelatosi un alternarsi di stati emotivi. L’euforia di inizio viaggio è diventata ben presto tensione quando, già verso Roma, abbiamo iniziato a vedere cumuli di neve a bordo strada; ecco che partono i primi commenti sul presunto congelamento dei piedi, sullo stato del campo si cui si correrà e via dicendo ; la tensione si trasforma quasi in terrore quando inizia il temporale, che ci accompagnerà fino al giorno seguente (smettendo solo prima della partenza dell’ultima batteria) , ecco il via alla seconda parte di commenti sul decidere o meno di gareggiare, se sospenderanno il campionato o no, su quali scarpette usare, qualcuno suggerisce un salvagente.
Al ritiro pettorali la curiosità è forte e così si butta un occhio al percorso, si passa alla fase dell’avvilimento,
ma la speranza che il sabato sarebbe stata una giornata senza pioggia era viva in noi, del resto domani è un altro giorno.
Sabato mattina, l’altro giorno è arrivato ma è peggiore del precedente, una pioggia che veniva giù a secchiate e che ha reso difficile anche farmi fare le foto . Si arriva sul luogo di partenza, si ridà uno sguardo al campo di gara, ha più parvenza di risaia che altro.
Inizia il totorun ( come lo chiamo io) su chi intende partecipare e chi no, corredato dai vari sfottò , un lui dice “ We, dobbiamo metterci lo spago intorno alle scarpe, altrimenti le perdiamo nel fango”
una lei risponde “ No,no e chi le rimane le scarpe nel fango. Se le perdo mi fermo e le cerco “ , insomma, i miei compagni di viaggio danno vita ad una divertente commedia d’altri tempi.
L’ orario di partenza delle gare viene rimandato di un’ora per attendere l’arrivo di alcune società.
Partono le donne, piove a dirotto, dopo poche decine di metri ecco le prime cadute nel piccolo tratto di discesa. Poi parte la prima batteria maschile, oramai il terreno si è trasformato in sabbie mobili, già al primo passaggio alcuni atleti tutti portano il segno delle loro cadute mostrandosi tutti infangati ai nostri occhi. Io ero posizionatavicino ad uno strappetto di scarso 2 metri, ma alle loro gambe sarà sembrato una montagna; non era questione di scarpe chiodate o no, ma di potenza muscolare, ho visto piedi chiodati scivolare all’indietro, piedi che non si vedevano per nulla, tanto erano affossati in quel fango. Molto divertenteper me spettatrice, è stato come vedere tante peppapig giocare nelle pozzanghere.
Ecco sono arrivati, al pullman per cambiarsi, i nostri primi partecipanti, nel vederli così sporchi e affaticati una voce ha detto, lo scrivo in italiano, “ Ma noi dopo così saremo? “.
A nessuno sembrava possibile fosse così difficoltoso correre in quelle condizioni, hanno dovuto sincerarsene personalmente per poter dire che, come percorso campestre, è stato, per chi già ne aveva corsi altri, il più duro in assoluto.
Partecipare ad un campionato è sempre un’avventura speciale e coraggiosa, confrontarsi con i podisti di tutta Italia non è cosa da poco. Noi c’eravamo e voglio fare i complimenti ai campani presenti da chi ha vinto a chi fatto ultimo, senza distinzione alcuna e ringraziarvi dell’emozione che mi avete regalato nel vedervi arrancare in quel fango.
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