Maratone e altro slide — 02 ottobre 2012

Il migliorameno del primato del mondo ufficiale era l’obbiettivo dichiarato degli organizzatori della BMW Berlin Marathon. Questa ambizione era astata strombazzata per ogni dove fin dall’avvio dell’attenzione mediatica sull’avvenimento.
E tutto era stato fatto perchè tale obbiettivo venisse centrato: era stata ingaggiata una vera  e propria squadra di ottime lepri, era stato ulteriormente “lisciato” un percorso che è sempre stato il più veloce del mondo, ed infine sono stati ingaggiati corridori di grande richiamo, tutti della stessa nazione, in modo che in gara non ci fossero rivalità capaci di inficiare l’ottenimento di un ottimo crono. Il favorito era il keniano Geoffrey Mutai, ovvero l’uomo che lo scorso anno a Boston era stato capace di correre il 2:03.02, però aiutato da un costante vento a favore, più che dal percorso il cui saldo attivo finale propendeva per la discesa.
Insieme a lui, altri keniani erano della partita con lo scopo di aiutare il capitano, stimolandone lo sforzo in veste di avversari, pronti tuttavia ad approfittare di qualche siatuazione favorevole.
E la gara si è infatti sviluppata secondo i piani, senza il benchè minimo sussulto, al punto che al km. 35 Mutai e Kimetto disponevano ancora di due lepri che spendevano gli ultimi spiccioli per aiutarli. Incapaci di produrre delle variazioni di ritmo decisive, che risolvessero la gara, i due giungevano fatalmente insieme sul traguardo, dove Mutai prevaleva di poco sul compagno di allenamento.
Buono, naturalmente, il loro crono: 2:04.15 contro 2:04.16 ma niente primato del mondo, e neanche primato della gara. Terzo Geoffrey Kipsang in 2:06.12. Si tratta di un esordiente di appena 19 anni.
Lontani gli altri, i non keniani, estranei alla gara di plastica, i migliori dei quali sono stati i giapponesi Fujiwara (2:11.31) e Ishikawa (2:11.46). A ridosso di costoro ha ben figurato il nostro Giovanni Gualdi, 15^ in 2:13.55, che non è male, preceduto di poco dal migliore dei tedeschi, Jan Fitschen 13^ in 2:13.10
L’andamento della gara femminile è stato simile a quello maschile, con la squadra etiope nel ruolo di protagonista al posto di quella keniana, Come nella gara maschile non c’erano etiopi di valore, così in quella femminile nessuna keniana di primo piano. Così il rischio che ci fosse una gara vera è stato del tutto scongiurato.
In questo caso, la caccia al primato del mondo non era neppure nelle intenzioni, ed infatti alla fine si è avuto un ottimo corno “normale”. Ha vinto Alemu Kebede in 2:20.30 davanti a Tirfi Tsegaye (2:21.19) ed all’ucraina molto brava Olena Shurkno in 2:23.32.
Va così in archivio la regina delle “gare di plastica”, che nulla ha aggiunto a quanto si sapeva sulle maratone così artificiosamente costruite, che lasciano nella storia di maratona una traccia così labile da risultare, dopo poco, invisibile.

 Lochness
Un piccolo spazio lo merita anche la maratona scozzese di Loch Ness, sulle rive dell’omonimo famosissimo lago, naturalmente dedicata al mitico “mostro”, la cui bonaria presenza, assente di persona, viene evocata da musiche e pupazzi. Il tutto con la seriosa allegria tipica di quelle terre!
Fra un rito ed uno scongiuro, tuttavia, si è anche trovato il modo di correre una vera maratona, anche piuttosto valida, dal momento che ha collezionato 2498 arrivati, fra i quali i migliori si sono rivelati essere Ross Houston (2:20.24) e Avril Mason (2:54.54) che si sono così fregiati del titolo di “valletti di Nessie”.

Warszawa

La Poloniaè sempre stato, nel settore della corsa, un Paese leader, a partire dai tempi dell’immediato dopoguerra,  quando erano attivi campioni come Zimny e Krzyszowiak ed sul piano tecnico sperimentavano il “piccolo ed il grande gioco di velocità” (varianti del faltrek). Poi, superata la crisi degli anni ’80 e ’90, piano piano sta riqocnquistando una dignitosa posizione internazionale, dovuta soprattutto alla cura minuziosa con cui segue l’evoluzione dei non molti talenti che riesce ad avvicinare al nostro sport.
Ne è un esempio, a ben vedere, anche la maratona di Varsavia e la sua oculata gestione di campioni africani. Questi vengono ingaggiati pochi per volta, e non è solo una questione di soldi. Si vuole cioè evitare che costoro si facciano la loro corsa avulsa da tutto e da tutti, per poi andarsene alasciando il deserto dietro di se.
Il keniano di turno quest’anno si chiamava James Mbiti Mutua e naturalmente ha vinto (2:15.02), ma lo ha fatto di quel poco che era sufficiente per battere i locali, stimolandoli a dare il meglio di sé stessi. Seguono Yared Shegumo, che è etiope ma corre perla Polonia, (2:15,26), e poi Marian Blazinski (2:15.34) e Pawel ochal (2:16.15). Quest’anno i polacchi capaci di correre in meno di 2:20 sono stati, fino a questo momento, in diciassette.
Fra le donne ha prevalso nettamente Agnieszka Ciolek (2:34.15), davanti a Katarzyna Durak (2:41.52) e Joasia Zakrzewski (2:45.13).

Clarence De Mar

Clarence de Mar è stato uno straordinario maratoneta americano attivo soprattutto nel periodo fra le due guerre, ma capace anche di notevole imprese fin dal 1910.
Nato il 07 giugno 1888 a Madeira OH, venne sconsigliato dal proprio medico di dedicarsi a sport faticosi a causa di un soffio al cuore. Nonostante ciò divenne un maratoneta, e a chi gli chiedeva conto della sua imprudenza soleva rispondere: “ma io faccio la maratona, che non è faticosa, non i 1500!”
Nella sua carriera egli fu capace di vincere per sette volte la maratona di Boston, vera ossessione della sua vita atletica. Ricordiamole:

1911 – 2:21.39
1922 – 2:18.10
1923 – 2:23.37
1924 – 2:29.40
1927 – 2:40.22
1928 – 2:37.07
1930 – 2:34.48

Ma a Boston Clarence ha corso per ben 33 volte!
Per lunghi anni egli fu coach presso il Keene State College, ed è per questo che ogni anno la cittadina di Keene gli dedica una piccola, simpatica maratona. Quest’anno i partecipanti sono stati 178 tutti preceduti da David Herr (2:34.17) e Apryl Sabadosa (3:26.05).

 I Risultati di tutte le mataone nel mondo

Autore Franco Anichini

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