Cronaca — 09 giugno 2010

Due giorni di gara se ne sono andati: il più facile, il primo; il più difficile, il secondo. Sono ovvi i motivi che rendono il primo giorno il meno difficoltoso. Il giorno più duro non è l’ultimo, come si è soliti ritenere. Quello in cui la sofferenza risulta più atroce è il secondo in una gara a tappe, come dimostra l’esperienza. Presi dall’entusiasmo, all’inizio si eccede. L’indomani ci si ritrova con le scorte energetiche in rosso e le strutture dell’apparato locomotore a pezzi. E’ necessario lottare contro il dolore e la fatica da soli, perché il nostro organismo, al momento, non ci aiuta. Ma non ozia, sta lavorando per noi. Pian piano prenderà le contromisure e creerà gli adattamenti fisici e mentali per fronteggiare la nuova situazionei. Le endorfine inonderanno il torrente circolatorio, e tutto sarà più sopportabile dal terzo giorno in poi.
Sia ben chiaro. Il seguito sarà tutt’altro che una passeggiata, per essere in agguato altre e numerose insidie. Si può, però, affermare che se da un punto di vista temporale si è ad un terzo di gara, dal punto di vista delle difficoltà una metà gara è stata superata.
Dal terzo giorno in poi, bisogna saper navigare a vista. Schemi, tabelle, previsioni e buoni propositi saltano via. Vanno prese le decisioni giuste al momento giusto. I ritmi circadiani s’invertono. Il giorno può essere buono per dormire e la notte per correre. Non è la prestanza fisica, è il cervello che decide la gara. Come dimostra la tedesca Martina Hausmann che, allo scoccare delle 48^ ora, è passata in testa con 246,050 km. A guardarla, non la valuteresti un fico secco, ed invece procede come un robot. Più classe dimostra la spagnola Cristina Gonzalez Garcia, staccata di una decina di chilometri, che sta facendo una gara molto intelligente. Vedremo come andrà a finire. Angela Gargano ha coperto 203,315 km, e tutto procede come da programma. Primo uomo è Alexandre Forestieri con 301,735 km. Poco meno di 200  sono i chilometri percorsi da Aldo Maranzina, carattere e fisico da paracadutista.
Adeguata è l’alimentazione fornita agli atleti. Per quanto riguarda le pasta, Giovanni Rana, la fa da mattatore con le sue specialità. La sua faccia intrigante, con sotto la scritta: ‘Maestro pastaio’, fa bella mostra di sé. Per dare maggiore carica energetica, oggi sono comparse anche le orecchiette.
La stanchezza comincia a farsi sentire anche fra gli accompagnatori e gli organizzatori. Molti di notte vanno a dormire, lasciando gli atleti nella solitudine. Lo stesso Gerard Cain è stato visto chiudere un solo occhio, disteso su una sdraio di fortuna.
Chi, invece, veglia ininterrottamente sui concorrenti è quel soldato alto 22 m, che sormonta lo stadio, monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale. E’ ritratto in piedi, dritto, in una immobile solennità, con l’arma nella mano sinistra. Le guide turistiche parlano di un grossolano sbaglio dell’autore, che avrebbe dovuto farla impugnare nella destra. Ho la presunzione di aver capito le intenzioni dell’artista, ed in errore sono i suoi critici. Nessuno mette in dubbio che sia la destra quella deputata a portare un’arma. La stretta della mano destra, come segno di pace, risale ai Romani. Un segno di amicizia non poteva essere portato con la mano sinistra: uno poteva stringere un’arma nella mano desta nascosta dietro la schiena e, con l’inganno di offrire la pace, con questa uccidere. Questo il messaggio: usate la mano destra per la pace, per dipingere, per scrivere, per accarezzare, per creare. E poiché l’artista ha poca fiducia nell’uomo, ha messo l’arma nella mano sinistra perché potesse essere usata il meno possibile.


 


Foto: monumento dei Caduti, il fondo del percorso, la tedesca Martina Hausmann (1^ in classifica).

Autore: Michele Rizzitelli

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