Cronaca — 07 giugno 2010

E’ duro il percorso che Gérard Cain ha tracciato. Lo sterrato è irregolare per sporgenze sassose, e ciottoli dappertutto che, involontariamente, i corridori calciano. La tibio-tarsica, l’astragalo-calcaneare e la volta plantare sono chiamate ad un pesante lavoro di adattamento ed ammortizzazione. Il rivestimento cutaneo plantare, dopo 24 ore di corsa, tiene duro, e l’infermeria è deserta. L’unico sollievo per questi bipedi è rappresentato dai 150 m della bellissima pista di atletica che circonda il campo sportivo, attraversato per circa un terzo. Per il resto dei 1295 m, gli atleti ricorrono al mestiere e alla fantasia. Alcuni corrono sulla pista e camminano sullo sterrato; altri sfruttano la scarsa erba dei bordi; i più equilibristi salgono sul muretto che, in alcuni punti, delimita il tracciato, sfruttando la levigatezza del cemento. Quando questi ex mammiferi si concedono il piacere di un pediluvio, si ripete il miracolo di Cana, con la sola differenza che l’acqua si trasforma in cioccolata, non in vino.


L’organizzatore è onnipresente, e viaggia sul tracciato in sella ad una sgangheratissima ‘Graziella’ anni ’70 che porta una scritta: ‘Taxi pour Antibes’. Oggi ha distribuito le e-mail ai concorrenti, e graditissimi sono stati gli auguri di Carmen Fiano e consorte. L’organizzazione si sta dimostrando all’altezza della complessità del ‘Festival’: un mix di efficienza, fantasia e signorilità. A maneggiare i computer, provvede Otello Spadari: alto, occhi azzurri, barba fluente, gentilissimo, proveniente dal Belgio. Riconosciutomi per italiano, s’è prodigato in quattro. Ha tenuto a sottolineare d’essere prima di tutto un italiano, poi di vivere da lunghissimo tempo in Belgio, e solo in seconda battuta ha detto d’essere originario di Treviso. Senza di lui, l’invio di queste brevi note non sarebbe stato possibile. E’ molto impegnato dal suo lavoro, per cui sarò sintetico e non approfitterò della sua disponibilità.


La gara, dunque, è partita alle ore 16 di ieri. Il sole s’è fatto vedere e sentire per un paio d’ore, poi è scesa la frescura ed è calata l’umidità. Oggi, di primo mattino, il cielo è plumbeo e spira il vento, che i francesi dicono venire dall’Italia. Il mare, Nizza e le Alpi Marittime sono scomparse all’orizzonte, ingoiate dalla foschia. Il percorso è affollato di concorrenti, che sfruttano la situazione meteorologica favorevole per mettere alle spalle il maggior numero di chilometri possibile. Il riposo può attendere. E il vento che soffia? E’ una carezza nei confronti degli ingannevoli dardi lanciati dal sole, che ti feriscono senza farti vedere le soluzioni di continuo, ti dissanguano senza farti vedere una goccia di sangue, e ti trovi di colpo privo di forze.


Non è, quella di oggi, la natura della ‘dolce Provenza’ celebrata da poeti, scrittori, pittori. Da queste parti è passato Petrarca. Il dialetto provenzale, o lingua d’oc, ebbe grande prestigio nel Medio Evo, ed influenzò anche la letteratura italiana del tempo, che poi, con la Scuola siciliana e fiorentina, seguì una linea tutta propria. Su questa grande lingua, il centralismo politico è passato come un rullo compressore, a tutto vantaggio del francese. Una volta schiacciata e posta nella condizione di non nuocere, s’è usata la magnanimità che, di solito, i forti sfoggiano con i deboli, concedendo l’uso di cartelli stradali con i toponimi in provenzale.


Le lancette dell’orologio hanno da poco  completato il secondo giro del quadrante. Dopo 24 ore, è possibile fare un primo, timido bilancio della corsa. E’ prevista una classifica per corridori (80 partecipanti) ed una classifica per marciatori (24 partecipanti). Fra i corridori, primo uomo è  Fatton Christian (186,480 km), prima donna è Chevillon Mimì (145,040 km); fra i marciatori, primo uomo è Les Colmariens (182,595 km), prima donna è Pennier Josiane (98,420 km). Angela Gargano ha percorso 111,370 km, in regola con i 100 km giornalieri programmati. Soffre, canta, parla e fa amicizie. S’è fatta fotografare con Julia Alter, presente  ad Antibes in veste di accompagnatrice. Monica Casiraghi e Anne Marie Gross se la ricorderanno molto bene, per essersi date a vicenda filo da torcere ai recenti mondiali. Aldo Maranzina, 64 anni, ha coperto 115,255 km. E’ un tipo taciturno, quando corre; un po’ meno nelle pause. Cercherò di strappargli i numeri del suo eroico curriculum. Come primizia, vi anticipo che otto mesi fa è stato sottoposto ad intervento di artroprotesi dell’anca.


Tra poco scenderà la sera, molti andranno a dormire. Biologicamente è impossibile passare due notti consecutive in bianco. Quando corrono i podisti sono tutti uguali. E’ la notte che crea le distinzioni: c’è chi si dirige verso attrezzatissimi camper, chi verso accettabili tende personali, chi nella tenda collettiva dell’organizzazione.


Ho deciso cosa farò stanotte. Salirò su Fort Carrè  per vedere di nascosto l’effetto che fa una pista illuminata, in cui degli umani non la smettono mai di correre.


Antibes, 7/6/2010                                 



Nelle foto: Angela Gargano, con Aldo Maranzina e Julia Alter 

Autore: Michele Rizzitelli

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